Accertamento tecnico preventivo ai fini della composizione bonaria della lite

Presupposti ed ambito applicativo

Il legislatore, determinando l’ambito di applicazione dell’istituto, ha utilizzato una formula molto ampia: “crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito”.

In questo ambito, la consulenza preventiva potrà trovare le più svariate applicazioni: ad esempio la verifica della sussistenza di vizi occulti con relativa determinazione dei costi di ripristino (responsabilità contrattuale derivante da appalto, contratto d’opera, compravendita), alla determinazione dei corrispettivi nei contratti d’appalto a misura, fino alla determinazione dei danni patrimoniali o biologici derivanti da sinistro stradale.

Prima di provvedere al deposito della relazione, il consulente “tenta, ove possibile, la conciliazione”.

E’ evidente che l’attività tesa alla ricerca di una soluzione bonaria della controversia sarà posta in essere dal consulente dopo avere compiuto o portato a buon punto le operazioni peritali; ciò consentirà di sottoporre alle parti soluzioni alternative di risoluzione della lite, prima che, con il deposito della relazione, il procedimento abbia termine.

Il consulente è incaricato della redazione del verbale di conciliazione, in evidente necessaria collaborazione con le parti, i loro procuratori, i loro consulenti di parte.

Al verbale di conciliazione è attribuita con decreto del Giudice efficacia esecutiva, ai fini dell’espropriazione, dell’esecuzione in forma specifica e dell’iscrizione ipotecaria.

Il titolo sarà esente da imposta di registro.

Qualora la conciliazione non riesca, la relazione peritale tornerà ad avere il valore di un mero atto di istruzione preventiva, e ciascuna parte potrà chiederne l’acquisizione agli atti del successivo giudizio di merito, attraverso il meccanismo della produzione documentale, ma nel rispetto della disciplina di cui all’art. 698 c.p.c., illustrata nel paragrafo seguente.

La disciplina – cenni procedurali

L’atto introduttivo è un ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente, il quale fisserà con decreto l’udienza di conferimento dell’incarico dinanzi a sé con contestuale nomina del consulente, assegnando termine alla parte ricorrente ai fini della notifica.

All’udienza il giudice dovrà verificare la regolarità del contraddittorio e specificare i quesiti tecnici sui quali il consulente dovrà rispondere.

L’udienza si concluderà con l’indicazione del giorno e del luogo di inizio delle operazioni peritali, del termine assegnato ai fini del deposito dell’elaborato, e dell’acconto sul compenso del perito, che sarà posto di norma a carico del ricorrente, salva comunque una (auspicabile) diversa valutazione caso per caso.

Conclusioni

Per concludere, si può affermare che la consulenza preventiva di cui all’art. 696-bis c.p.c. rappresenti un notevole strumento di attuazione del diritto di azione e difesa di cui all’art. 24 Cost., laddove però sia letto nel rispetto dei principi del sistema.

Il suo destino pratico dipenderà dalla celerità con cui i Presidenti dei Tribunali o per essi i Giudici designati, fisseranno l’udienza di conferimento dell’incarico.

In merito qualche preoccupazione può essere suscitata dal venire meno, nel nuovo istituto, dei profili di urgenza insiti nei mezzi sommari di cautela.